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Pensando tra me e me, riflettevo su quanto lo schema della ricompensa sia presente nelle nostre vite. Tutti noi abbiamo sperimentato nel nostro piccolo i premi dei nostri genitori che c'incentivano o mangiare le verdure o a fare i compiti, a tenere in ordine la stanza, etc – con altrettanti premi, paghetta, videogiochi, rimanere svegli un'ora in più. La realtà è che la soluzione più semplice che il sistema economico sociale ci ha sempre proposto. Posso acquistare velocemente ciò che mi fa stare bene — o almeno lo crediamo, senza grossi sacrifici avendo una certa quantità di potere/denaro.

Perfetto, avere una moneta di scambio ci ha permesso di fare cose incredibili in termini di evoluzione sociale se confrontata con quelle del baratto, lì per avere il prodotto tanto atteso devi oggettificare una produzione fisica o creativa, diciamo una quantità di sforzo che difficilmente è scalabile. Insomma, nel baratto ci pensi due volte in più a definire il valore dell'accordo.

Ora, in qualsiasi azienda for profit ma in realtà anche quello no profit a fine anno fanno tutti delle bellissime presentazioni con numeroni: come siamo cresciuti, quanto abbiamo fatturato, quanto abbiamo perso e quanto potremmo fare il prossimo anno. Il fine sembra sempre quello, fare più denaro, poco importa di come. Raramente ho visto se non in casi notevoli, dei ragionamenti puntuali di come ci si è arrivati a quei numeri, di un'analisi precisa di come si è lavorato dal punto di vista motivazionale sulle persone. Cosa ha comportato una scelta direzionale. Insomma, nei classici casi mi sembra di vedere una cecità lapalissiana che dimentica d'innaffiare le proprie piante. Non discuto di quanto sia importante parlare della propria crescita economica, anzi dovremmo parlare proprio di quello definendo quale sia la maniera più efficiente per farlo.

Credo che il classico modello di management sia figlio di un concetto economico primitivo che ha bisogno assolutamente di una evoluzione, difficile ma non impossibile.

Grazie per lo spunto

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