Open Sam
Breve storia di una decisione che produce l'esatto opposto di quello che voleva ottenere
Che settimana
Che settimana incredibile devono aver passato i circa 770 dipendenti di OpenAI. Un piccolo riassunto da leggere tutto d’un fiato per chi si fosse distratto: venerdì scorso, in modo del tutto imprevisto, il Board di OpenAI ha licenziato il proprio CEO, Sam Altman, dando giusto una vaga spiegazione sul fatto che non fosse stato del tutto trasparente con loro. A guidare il colpo di stato sembra essere stato un membro del Board, Ilya Sutskever, co-fondatore dell’azienda. Sabato e domenica sono andati avanti negoziati per capire se un rientro fosse possibile. Nel frattempo sono stati nominati due CEO ad interim in sequenza, il primo rimasto in carica 48 ore, e si è dimesso il Chairman del Board, l’altro co-fondatore Greg Brockman, escluso dalla decisione con cui era in disaccordo. Lunedì, falliti questi tentativi, Microsoft, principale finanziatore dell’azienda, annuncia che Altman e Brockman entrano nel colosso del software per lanciare un nuovo lab di AI. Nel frattempo, sempre lunedì, parte una lettera aperta dai dipendenti di OpenAi al proprio Board in cui sostanzialmente si afferma che questi ultimi sono degli incapaci e che hanno arrecato un danno incredibile e perso totalmente la loro fiducia. Chiudono con una minaccia di licenziarsi per andare tutti in Microsoft se il Board non si dimette e fa rientrare Altman. Questa lettera viene firmata da oltre 700 dei 770 dipendenti, tra cui lo stesso Ilya improvvisamente pentito. Mercoledì il Board si dimette e Altman rientra come CEO di OpenAI.
A scriverla come storia per una serie TV non sarebbe uscita così bene e imprevedibilmente ricca di colpi di scena. Ed è probabile che che ne faranno una serie o un film perché la storia non è finita e continuano ad emergere elementi che l’arrichiscono e la rendono più interessante.
Ma come è potuto succedere? E cosa è veramente successo? Leggendo le notizie che uscivano riflettevo su alcuni temi più ampi.
Velocità
La prima cosa che mi ha colpito è la velocità con cui è successo tutto. Non so chi si ricorda di 24, una serie di qualche anno fa, in cui una stagione era di 24 puntate ciascuna di un’ora che raccontava un’ora. La stagione quindi raccontava una giornata, ma era un giorno in cui succedevano una quantità di cose che neanche in un anno normalmente accadono. Bella, un po’ naïf da rivedere adesso probabilmente, ma incredibile per la dinamica. Mentre la guardavo pensavo che era assurdo il concentrato di eventi sensazionali. Questi giorni mi hanno ricordato quella stessa sensazione.
OpenAi è una startup, ma ha una valutazione di 86 miliardi di dollari, circa il doppio di Unicredit per capirci, tanta roba. Che in meno di una settimana, con una singola decisione, quella valutazione (e quell’azienda) sia praticamente stata azzerata e poi ripristinata è incredibile. Come anche lo è che Microsoft abbia deciso in due giorni di lanciare una nuova divisione AI autonoma e dato apertura ad assumere tutti i dipendenti di OpenAI che lo desiderassero. Non meno incredibile è che il Board di OpenAI tra venerdì e mercoledì abbia 1) licenziato un CEO, con effetto immediato, 2) nominato un nuovo CEO ad interim, 3) destituito il primo CEO ad interim, 4) nominato un nuovo CEO ad interim, 5) destituito il nuovo CEO ad interim, 6) rinominato il primo CEO come nuovo CEO, 7) dato le dimissioni, 8) nominato un nuovo Board con quasi tutti nuovi membri.
Viva l’America. Quando vedo queste cose e penso alla lentezza delle dinamiche Corporate delle aziende nostrane resto sempre basito (F4).
Fraintendimento della Mission
Per capire meglio cosa è successo bisogna avere il quadro di cosa è OpenAI. L’azienda è stata creata come non profit per garantire uno sviluppo sicuro per l’umanità della Artificial General Intelligence (AGI). È stata anche una risposta di Altman, Musk (si, lui), e qualche altro all’acquisizione di DeepMind da parte di Google e del timore che se guidata dal profitto e non gestita con attenzione, lo sviluppo dell’intelligenza artificiale potesse essere catastrofica per l’umanità.
Poi però si sono accorti che per fare girare tutti quei modelli serviva tanta capacità di calcolo, e quindi una montagna di soldi, e si sono inventati una governance un po’ originale. Hanno creato una società for profit e l’hanno messa sotto la non profit. E di questa hanno limitato (per modo di dire) a 100x il possibile guadagno e aperto il capitale a investitori come Microsoft e alcuni grossi VC.
Quindi il Board della non profit, con la missione di garantire uno sviluppo sicuro per l’umanità, governa la profit company che ha tra i soci anche Microsoft, che però per questa originale formulazione di governance non ha nessun posto nel Board malgrado 13 miliardi investiti e il 49% di proprietà.
Ora il Board (pare perché non c’è stata troppa trasparenza sui fatti) ha licenziato Altman perché ha ritenuto che il suo modo di spingere sull’acceleratore fosse una minaccia per quella missione di salvaguardia dell’umanità (sembra ci sia la scoperta di Q* un nuovo e molto più potente modello dietro questo rischio percepito).
Nel mettere in fila tutto questo ho pensato che il modo in cui il Board ha messo a fuoco la propria missione fosse tanto miope. Non perché non fosse importante o che non fosse giustificata la preoccupazione o la critica di qualche azione di Altman. Di questo non ho evidenza e comunque ci potrebbe stare. Ma non capire che la decisione avrebbe fatto saltare il banco e alla fine avrebbe ridotto la capacità di controllare l’operato di OpenAI è un incredibile errore di valutazione. Con la loro azione hanno di fatto creato le condizioni perché sia molto più probabile che da qui in avanti Altman e gli investitori di OpenAi (e non solo) abbiano molto più peso nelle decisioni e meno vincoli.
Una mancanza di lungimiranza veramente da dilettanti.
Leadership e storytelling
Sam Altman ha 38 anni. Da noi probabilmente qualcuno gli direbbe che “è abbastanza senior per parlare con i clienti”. Lui quando ancora era nei suoi “venti” era stato messo a capo Y combinator, l’incubatore di maggior successo al mondo.
Oggi guida la società più cool che è anche la maggiore candidata a diventare una delle 8 big tech mondiali.
Mi ha colpito come abbia ricevuto immediatamente un sostegno totale da parte degli investitori e di praticamente tutti i dipendenti di OpenAI. Il 90% delle persone hanno detto “o torna lui o andiamo via noi (con lui)”. Mi sono chiesto cosa lo rendesse così unico e indispensabile agli occhi di così tante persone. In fin dei conti non sembra esserci lui dietro gli aspetti di concezione e sviluppo del prodotto, non è un data scientist o un software engineer. Sam Altman è definito come un recruiter di talenti senza eguali e un incredibile fund raiser. In pratica un grande venditore di storie, nel senso migliore del termine. Un leader capace di ispirare le persone e di farle dare il massimo come energie e investimenti.
Purpose
La vicenda ha messo in evidenza anche quanto possa pesare il purpose, inteso come l’importanza che le persone danno al senso di quello che fanno e perché lo fanno. E di come questo possa essere un driver ineguagliato.
La maggior parte delle persone che lavora in OpenAI vuole sviluppare modelli di intelligenza artificiale sempre più potenti e capaci di avvicinarsi e superare quella umana. Sicuramente alcuni di loro, molti probabilmente, sono preoccupati da possibili cattivi utilizzi che ne possono derivare. Ma sono comunque mossi dal desiderio di progresso e di voler creare un’AGI (Artificial General intelligence).
Quando hanno capito che la cacciata del capo avrebbe compromesso questa possibilità, non ci hanno pensato un attimo e hanno minacciato di andarsene in blocco. Sembra una cosa banale, ma in realtà non è stata una reazione scontata. Capita spesso che il CEO di un’azienda lasci o debba lasciare e venga sostituito e non succede praticamente mai che ci siano esodi come conseguenza. La vita continua di solito: business as usual è la classica risposta ai momenti di crisi aziendale.
Però quando il team percepisce di essere insieme per un motivo particolare e vede che l’uscita del capo fa saltare la chimica che lega tutto e rende possibile quella missione, allora si crea una crisi non riparabile e salta il banco.
Andrà tutto bene?
Questa vicenda ha prodotto quasi subito una polarizzazione tra doomer, attenti ai rischi che il giocattolo ci sfugga di mano e che finisca con eliminarci tutti, e boomer, spinti dal desiderio di progresso e ottimisti sul fatto che riusciremo gestirla in qualche modo. Ha prodotto anche una polarizzazione tra i pro-Altman, povero, cacciato dalla sua creatura come Steve Jobs da Apple, e i pro-Board, bravi a non farsi abbagliare dal successo del prodotto e fermi nella loro missione di salvare l’umanità.
La verità, come spesso accade, sta probabilmente nel mezzo e la tensione tra queste due prospettive era utile. Il Board con una decisione gestita male si è messo di fatto fuori gioco e oggi questa tensione tra boomer e doomer dentro OpenAi non c’è più.
Speriamo vada tutto bene.
grazie del sunto e anche dell'analisi, molto utile.
Mi sento di aggiungere due cose.
Una sul purpose. Questo caso dimostra che il purpose non è qualcosa che tu (individuo o organizzazione) decidi ma qualcosa che ti sceglie per manifestarsi attraverso di te. In questo caso, il purpose che hai descritto, sembra, aver messo assieme persone e risorse per manifestarsi. E se qualcuno prova a creare resistenze, il purpose trova altre vie. Come in questo caso. Insomma, il purpose agito è molto più forte di quello dichiarato. Mi porto a casa l'importanza, per un team o un'organizzazione, di chiedersi "cosa ci ha portato qui assieme e fare quello che facciamo".
La seconda cosa (più leggera) che mi porto a casa è che un sistema AI ha ancora bisogno di tante risorse per fare quello che può fare una massa grigia di poco più di un 1kg e che consuma solo 500 calorie al giorno. Dai, possiamo ancora dire la nostra!